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STORIA DELLA OLIVETTI

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La Olivetti è un’azienda storica italiana e che si è distinta per la sua propensione alle innovazioni e alla tecnologia. La storia della Olivetti è appassionante ed intricata, ed il suo declino è intriso di misteri ancora oggi non risolti.

Le origini

La Olivetti nasce ai primi del ‘900, precisamente nel 1908, per volontà di Camillo e Adriano Olivetti (padre e figlio) con il nome “Prima fabbrica nazionale di macchine da scrivere”.

Il fondatore, Camillo Olivetti (nome completo Samuel David Camillo Olivetti) nasce ad Ivrea, Torino, in una famiglia della borghesia ebraica. Il padre commerciava tessuti, mentre la madre proveniva da una famiglia di banchieri.

La storia familiare contribuì ad instillare in Camillo uno spiccato spirito imprenditoriale e amore per le innovazioni.

Studiò elettrotecnica alla scuola del celebre ingegnere e scienziato Galileo Ferraris, laureandosi in ingegneria industriale nel 1891. Successivamente, intraprese diversi viaggio nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America, dove ebbe anche occasione di incontrare l’inventore Thomas A. Edison.

Il soggiorno negli USA fu di grande ispirazione per Camillo, che rimase fortemente impressionato dall’efficienza del sistema industriale americano e dalle sue università. Per qualche mese, tra l’altro, ricoprì il ruolo di assistente di elettrotecnica alla Stanford University.

Tornato in Italia, si mise subito all’opera per mettere a frutto quanto appreso durante i suoi viaggi, dedicandosi, in un primo momento, alla produzione di strumenti di misurazione elettrica.

L’attività non ebbe il successo sperato e così, abbandonati i propositi iniziali, nel 1908 fondò la celebre “Olivetti”, per la produzione di macchine per scrivere.

Nel 1911, a pochi anni dall’apertura, nasce la prima macchina da scrivere Olivetti, chiamata M1, che da subito si fa notare per essere un prodotto assolutamente all’avanguardia.

Negli anni immediatamente successivi, l’azienda vive un periodo di grande successo ed espansione, raggiungendo alcuni importanti traguardi.

La produzione è fiorente e coinvolge migliaia di macchine da scrivere ogni anno, le innovazioni continuano e si arriva così alla realizzazione del modello M20.

Il modello di macchina da scrivere M20 trascina Olivetti fuori dall’Italia e porta l’azienda ad essere finalmente riconosciuta anche all’estero.

Olivetti MP1 (ICO)

Abbiamo già visto come la Olivetti fosse ossessionata dalle innovazioni. Tale ossessione portò alla realizzazione, nel 1932, della MP1 (ICO), acronimo di Macchina Portatile uno. È conosciuta anche come “ICO”, in quanto queste lettere compaiono frontalmente sulla macchina. ICO, tuttavia, non è il nome del modello, bensì l’acronimo di Ingegner Camillo Olivetti, presente anche su altri modelli di macchine da scrivere Olivetti come la M1 e la M20.

Si tratta, appunto, di una macchina da scrivere manuale portatile, la prima di questo tipo ad essere prodotta da un’azienda italiana (in America ve n’erano già molte).

Uno dei tratti caratteristici di questa macchina, oltre ovviamente al fatto di essere portatile, è che era disponibile in vari colori – nove in totale – tra cui nero, rosso, grigio, blu, marrone e azzurro.

Poiché la macchina era destinata prevalentemente al mercato italiano, la tastiera scelta fu del tipo QZERTY, tipico in Italia, con barra spaziatrice, tasti delle maiuscole e fissamaiuscole, tasto di tabulazione e tasto di ritorno.

La MP1, tuttavia, fu prodotta anche in alcune varianti di pochi esemplari esclusivamente per l’estero, ed in particolare i modelli Olivetti MP1 Invicta Harrods, Olivetti MP1 Monta e Olivetti MP1 Simplex.

Non erano presenti tasti per le vocali accentate maiuscole e nemmeno il tasto per il numero 0.

Per ovviare a questi inconvenienti, si usava l’apostrofo al posto degli accenti, e il tasto con la lettera O per il numero 0 (espediente, quest’ultimo, tipico di molte altre tastiere per macchine installate su macchine da scrivere).

La MP1 (ICO) è tutt’oggi considerata una macchina da scrivere iconica, che non può mancare nelle collezioni degli appassionati. D’altronde le Olivetti non hanno mai perso il loro fascino nonostante il tempo trascorso, tanto da essere ancora utilizzate ai nostri giorni. È celebre la passione dell’attore Tom Hanks per queste macchine, e con lui dello scrittore Will Self e del poeta e cantante Leonard Cohen.

Anche ai suoi tempi la MP1 fu utilizzata da diversi personaggi di spicco, tra i quali si annoverano la scrittrice francese Marguerite Duras.

L’apice del successo

La Olivetti vede il suo massimo periodo di splendore negli anni ’50, con la produzione della macchina da scrivere portatile Lettera 22.

L’azienda apre nuove sedi e fabbriche in diverse città in tutto il mondo, dall’Argentina a New York (USA).

Nasce anche uno speciale gruppo di ricerca incentrato su quello che venne chiamato Progetto Olivetti Elea, interamente dedicato allo sviluppo tecnologico per la realizzazione di un calcolatore elettronico.

La storia dimenticata

Grazie agli sforzi del gruppo di ricerca, tra la fine degli anni ’50 e primi anni ’60 Olivetti realizza il primo calcolatore elettronico in Italia, l’Elea 9003.

Olivetti, in questo momento storico, non ha nulla da invidiare alle più grandi aziende americane del settore, anzi, il suo andamento è talmente promettente da potersi considerare senza rivali.

Eppure è proprio ora che inizia l’inesorabile declino della Olivetti. Dovuto, in parte, a scelte imprenditoriali errate e ad investimenti temerari. E, in altra parte, all’interesse “sospetto” che gli Stati Uniti d’America nutrono per l’azienda. La politica italiana, sempre miope – non è ben chiaro se in buona o mala fede – in queste situazioni, ed incapace di adottare politiche industriali moderne ed efficaci, preferì appoggiare IBM, grande rivale statunitense di Olivetti, di fatto privando la Olivetti di quegli aiuti statali per la ricerca di cui godevano invece le aziende estere.

La svolta in negativo ha inizio tra il 1960, quando muore per emorragia celebrale Adriano Olivetti, e il 1961, quando muore in un incidente stradale l’ingegnere Mario Rchou, che era a capo del Progetto Elea.

Pur non essendoci alcuna prova schiacciante in tal senso, oggi sono in molti a vedere con sospetto il decesso ravvicinato di questi due personaggi che ricoprivano in Olivetti un ruolo essenziale.

Dopo la loro morte, in Olivetti si arrestano i progetti per lo sviluppo dell’elettronica, e la relativa divisione viene venduta nel 1965 all’americana General Electric. Tutte le conoscenze ottenute da Olivetti nel corso degli anni con fatica e dedizione, vengono così lasciate in America, a questo punto leader indiscussa nel settore.

Olivetti non riesce più a tenere il passo con la concorrenza e, nel giro di pochi anni viene smantellata quasi per l’intero. Nel 2012 viene ufficialmente chiusa l’ultima fabbrica.

Olivetti oggi

Oggi, Olivetti non somiglia per niente a ciò che è stata in passato. Dopo alcuni esperimenti falliti per rilanciare il marchio e l’incorporazione di Telecom, l’azienda ha deciso di puntare sull’internet of things (IoT) e sul 5G, e dal 2021 è incentrata sulla fornitura di servizi innovativi nell’ambito dell’industria 4.0.

 

 

 

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